Note di viaggio: Recensione di Alessandro Ramberti, Critico Letterario
IL TAGLIO DEL GIUDIZIO
Quando la superficie diventa trasparente e riflette il silenzio, il poeta la varca e si inabissa, e noi con lui, leggendo queste NOTE così essenziali e icastiche: “La realtà è diversa/da ogni sua rappresentazione”; “Abbiamo bisogno di profondità./ Per questo non possiamo sottovalutare l’abbagliante inconsistenza/ della superficie.” Eros introduce il libro invitandoci a “ … un cammino che, attraverso il ricordo, divenga possibile percorrere insieme”.
C’è un desiderio di compagnia, fratellanza, foscoliana corrispondenza di amorosi sensi in queste asciutte Confessioni in versi che trovo molto vicine al saporoso disincanto del Qohèlet: “A volte quanto siamo/appare come l’esito di ciò che è stato,/ a volte come la ragione/ di quanto ci attende.”; “Le nostre azioni/ci legano inesorabilmente/al senso di chi siamo.”
Non si tratta di un disincanto pessimista, ma di quel maturo distacco che ci aiuta a percepire noi stessi e gli altri con misericordia e umiltà, perché “L’amore ci sottrae alla schiavitù del giudizio.” e “Spesso in ciò che temiamo/si celano risposte.”
“Umiltà e obbedienza consentono visioni.” ci dice il poeta veronese, e avere considerazione degli altri ci immerge in un flusso divino: “Credo che gli uomini siano uno/dei volti di Dio.” Nell’ultima citazione, notevole l’enjambement “uno”, attributo per eccellenza dell’Altissimo, che si riflette visibilmente nel volto di ogni figlio dell’uomo.
Il viaggio di Olivotto è così uno scarno portolano che ci offre punti di riferimento personali e al contempo universali: a ciascuno di noi il compito di costruire la propria rotta, che in realtà non è avocabile solamente a noi stessi, perché siamo immersi in un amore ben più grande, benché a volte non ne siamo consapevoli. Se contiamo solamente su noi stessi: “Non troveremo quanto cerchiamo./ Né torneremo illesi dal nostro viaggio.”
Il cammino dell’uomo deve affrontare il problema del male, constatare i propri limiti ed errori: “Quando l’uomo sceglie il male/abbraccia la prospettiva/ di un ordine imperfetto.” e questo ci segna inevitabilmente, ma in fondo “Il concetto di limite/implica un’idea di superamento.”
La stessa parola è limitata e anche quella poetica si illude se pensa di poter “definire” l’assoluto”: “L’illusorietà dell’arte consiste/nella pretesa di cogliere l’assoluto/attraverso il relativo.”
In conclusione possiamo affermare che è un dono, navigare questo libro; esso ci aiuta a fare silenzio, ad ascoltare, ad ascoltarci. Alessandro Ramberti