Bibliografia - Sipari - Eros_vsPro16_apr2024

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Nota critica di Ilvano Caliaro
ordinario di Storia della Letteratura italiana presso Università di Gorizia

Studio critico di Giuseppe Zamarin

critico letterario


Eros Olivotto, Sipari
collana Paradigmi
Perosini Editore - Zevio VR,
Euro 10,00
ISBN 88-85409-34-2



In Sipari Eros Olivotto si configura come il poeta di una quotidianità vissuta in momenti differenziati e mutanti: il reale e il sogno, la dolcezza degli affetti e la labilità dei legami, l’inevitabile distacco e il crepuscolo della vita. Lieve la presenza di Dio. Certe albe sembrano plasmate di creta ove si materializza, implicita ed esplicita, l’immagine della madre: casta e mite, tutela, protegge, giustifica il travaglio esistenziale nella sua continuazione e reversibilità. Il tessuto espressivo, raccolto in un lessico libero, ma contenuto nell’effervescenza sintattica, ci dona luci trasognate, sguardi che si allargano e seducono o si perdono nel loro vuoto, cascate di paesaggio, raccoglimento meditativo, bruschi risvegli: non l’allucinazione campaniana, né un heideggeriano esistere per la morte, ma il quadro impressionista di un mondo composito, scomposto in letizia e dolore, ove appare superflua, nell’urto dei contrari, una qualsiasi forma di rivincita.


Vento d'aprile


Tu, però, dimmi,
mentre vai,
padrone di nulla,
tra faggi al tramonto,
siepi,
neri voli di lutto.

Dì la fatica
del verde che nasce,
la pena e la grazia
di ruvide mani.

Su questo limo rappreso,
tra fronde e radici,
sciogli il tuo canto.






La mia scuola

Ha piccole aule, la mia scuola,
pochi banchi di legno
e pareti dipinte di azzurro.

Ha una scala silenziosa,
un cortile battuto dal vento,
un’aiuola,
e un giovane pruno nasconde dei nidi.

Mi ci porta ogni giorno una strada,
un ponte sul fiume,
un sentiero tra i campi.

Da anni così, a passi ampi,
senza fretta,
ché tanto lo so,
lì c’è sempre qualcuno,
che giocando mi aspetta.


Piazza Bra


Ferisce, ragazza,
l'onda dei tuoi fianchi,
inavvertita,
sfiora la mia fronte.

Sicura nel tuo passo,
vai,
azzurra luce
di un giorno che rincorre la sua sera.


Gli occhi di mia madre

Trovavo Dio
negli occhi di mia madre,
il punto dove il cielo tocca il mare.

Nidi vedevo,
dune di cristallo,
la fabbrica incantata del domani,
arcobaleni.


A volte

A volte, poi,
ci opprime la paura
che la bellezza
possa non bastare.

In principio

Eravamo noi,
il fuoco,
la notte.

Erano le stelle.

Ovunque vagavano occhi
e fiere
e il sacro silenzio di Dio.


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