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Ogni volta che si legge un poeta rinasce la domanda: perché la poesia? Perché si scrive poesia? O meglio, che cosa è la poesia? Mi tornano in mente alcuni versi di Paul Celan:
Canto d’emergenza dei pensieri
nato da un sentimento,
che ha
dei nomi svegliati dal canto
non molti,
spinoso,
così,inconfondibile,
dalla macchia di duro fogliame,
sporge con loro; a te
incontro,
spinoso,
vaga
un piccolo morire.
Non sono molti i nomi svegliati dalla poesia e spinoso emerge l’acuto stile che gronda parole in cui l’emergenza si tramuta nell’apparizione della morte. Nulla infatti meglio della poesia sa correlare in modo fulmineo l’esperienza dell’origine e quella del morire e nulla ha più a che fare con l’elaborazione del lutto, della perdita definitiva dell’oggetto d’amore. Amore, vita, dolore e morte. Questo percorso dolente e gioioso insieme è quello che ritroviamo nei versi di Olivotto. C’è in questo riflettere sulla vita, sul dolore, sul ricordo una profonda unità fra questa Ogni istante e la precedente raccolta, Sipari (2003). C’è una presenza fondamentale: il tempo, cioè il tempo esistenziale, quello della cui durata ci accorgiamo solo a tratti, in certi momenti in cui pare che il flusso degli istanti si interrompa e emerga la coscienza del vissuto. Così in questa poesia preliminare, in cui il tempo è una presenza che spinge con la mano gigantesca tenuta fissa sulla spalla: quando allarga le dita allora l’io “senza guida” avverte la realtà del vuoto, ciò che nel mutamento resta fermo, “permane”. Ho aggiunto io una spiegazione, il vuoto, perché il poeta si limita ad indicare una presenza costante, immutabile, indefinita. Questa figura si chiama ”litote” ed è fortemente coinvolgente, invita alla “collaborazione interpretativa” il lettore. Il poeta non deve dire tutto, ma suggerire il frammento che illumina ed evoca il tutto. Su questo linguaggio negativo troviamo anche un'altra presa di posizione :
Attraverso parole.
Precise
sicure.
Frasi appropriate.
Lontano dal silenzio
di qualunque verità.
Il silenzio è dunque la verità, ineffabile e inesprimibile anche per le parole precise della poesia. La poesia conserva invece la vita e la bellezza (Rimani , poesia) E ancora è la poesia la protagonista di altri componimenti:
………….
Lungamente abitasti la mia casa
Dico di te , poesia,
………………
Abitavi la mia casa,
la veste e il passo di mia madre,
la mia tavola,
il mio pane.
Che cosa è allora la poesia? Il permanere nella parola del vissuto, con i suoi profumi intensi e emozionanti, come nella “madaleine” di Proust. Ma questo ricordo vitale si alterna alla sensazione di morte che anche la parola poetica custodisce.
Te ne andrai,oggi,
senza sole né amore,
qualche amico alle spalle.
Come chi
per troppa fatica
abbandona il cammino.
Rimangono dei versi,
poche impronte gelate,
un silenzio di neve.
Ma la poesia è anche dolcezza del quotidiano, parola famigliare (Quando mi chiederai una poesia). Così Olivotto demanda alla parola poetica il compito di definire, ricordare la vita e il dolore. Sempre emerge dal silenzio, dal profondo, dalla cavità interiore e la brevità è il segno di questa fragile emergenza, della intensità di ogni sillaba che tracima dall’emozione di un vissuto altrimenti inesprimibile. E’ un’idea di poesia che non può non ricordare l’ermetismo, Ungaretti, la parola scavata nel silenzio, come in un abisso.
Ma qui c’è più immediatezza e semplicità.
Ora l’uscio è socchiuso.
Nel fendente della luce,
al riflesso del mattino,
la vita sognata,
i passi che si persero,
le nostre parole.
L’impressione visiva del fendente di luce scivola via nell’evocazione senza fratture di ciò che si è perduto. Così anche altrove l’intensità di un’immagine trascolora in pensiero o emozione (Mi sovrasta/ l’antica solitudine..) e ogni presenza ritorna, anche quella di chi non è più, in una perenne continuità dalla vita alla morte nel ricordo e nella parola che immortala il ricordo.
Come il sole sorge nella luna
O un’impronta vive nella roccia.
Così
Chi ci manca è con noi.
Mentre l’estate,
divenuta autunno,
giace in frantumi
ai piedi dei castagni
Immediatezza di un’immagine, concretezza della metafora e insieme concretezza del senso della perdita , del dolore che induce due sensazioni parallele e confuse: il ricordo che persiste e il frammento dell’estate che indica la morte. Rivisitazione forse di un madrigale dell’estate dannunziano:
Ed ecco invece una profonda rielaborazione di un’immagine montaliana: “il vuoto alle mie spalle”
Ma con diversa dolcezza:
Prima che sia tardi!
Senza meta,
destino
né orme alle spalle.
Come l’acero che oscilla,
nell’orto del vicino.
Pigramente rosso.
Stremato.
La vita come apparizione, stremato consistere.
La musica: poesia come musicalità, ritmo, non regolato ab inizio, ma evidente nelle libere cadenze del verso. Musica che emerge dal silenzio.
E ancora una citazione di Paul Celan : la poesia, una patente di infinito data a quanto è pura mortalità e vanità…vie che una voce percorre incontro a un tu che la percepisce, vie creaturali, forse progetti di esistenza, un proiettarsi oltre sé per trovare se stessi,una ricerca di se stessi…
E ancora…”la poesia..quel respiro che incontra la parola, la plasma in un ritmo, vuole una direzione, un destino e che spesso diventa un colloquio disperato”
Paola Azzolini